L’intelligenza emotiva è un concetto che ha a che fare con le emozioni e consiste non solo nel saper riconoscere le proprie e nel saperle gestire, ma anche nel saper comprendere quelle degli altri. Si chiama infatti “emotiva” proprio perché i vari stati emotivi, sia quelli negativi, sia quelli positivi, possono essere controllati e sfruttati a proprio favore, per il raggiungimento del proprio successo.
È proprio questa la chiave principale del discorso, secondo Goleman, uno dei maggiori esponenti di questa teoria. Proprio per il fatto che controllando le proprie emozioni, è possibile raggiungere i propri obiettivi, allora inserire l’intelligenza emotiva nel curriculum può essere determinante e sicuramente molto utile. È bene però scoprire come fare per indicarla nel modo corretto e in più, per capire perché può essere considerata come una competenza molto importante, si deve approfondire riguardo le sue caratteristiche.
L’intelligenza emotiva: di che cosa si tratta esattamente
L’intelligenza emotiva è la capacità di gestire le proprie emozioni, ma anche saperle riconoscere, saperle differenziare tra di loro, indicare e non solo. Il discorso infatti non deve essere fatto solo sugli stati emotivi provati dal singolo individuo, ma anche da quelli provati sugli altri. Questo significa che nel concetto dell’intelligenza emotiva è compresa anche la competenza di essere empatici e cercare di capire gli altri.
Questo però non è tutto, anche perché il concetto in questione può essere definito come una serie di capacità e tra queste vi sono:
- il fatto di frenare un impulso o un’emozione
- il fatto di essere consapevoli delle proprie emozioni
- imparare a capire cosa provano gli altri
- gestire le emozioni quando ci si relaziona con gli altri
I primi psicologi a parlare di questo concetto furono due statunitensi, Peter Salovey e John D. Mayer, che nel 1990 cominciarono a parlarne, però non riuscirono a diffondere molto il discorso. Fu invece Goleman a far divenire l’intelligenza emotiva un concetto molto conosciuto, nel 1995, grazie alla sua opera “Intelligenza emotiva: che cos’ e perché può renderci felici”.
Gli studiosi indicati hanno sviluppato modelli di pensiero diversi, i quali sono stati poi ulteriormente modificati da esperti successivi. Nonostante questo, la chiave principale di questa particolare forma di intelligenza, o meglio, di serie di capacità, è il fatto che se si impara a sfruttare al meglio i propri stati emotivi, si riesce anche a raggiungere i propri obiettivi e quiindi si avrà successo.
Oltre a questo, si può anche indicare con le denominazioni di “quoziente emozionale” oppure anche “Quoziente di intelligenza emotiva” e “leadership emotiva”. Secondo il modello di Salovey e Mayer, quando si parla di intelligenza emotiva devono anche essere incluse le seguenti capacità:
- percepire le emozioni
- usare le proprie emozioni
- comprendere le emozioni
- gestire le emozioni
Questi sono quattro punti fondamentali per comprendere il concetto in questione e con il primo si indica il fatto di saper ascoltare se stessi e decifrare quindi i propri stati d’animo, ma non solo. Significa anche saper decifrare quelli degli altri e addirittura saper riconoscere anche quelli indicati da un soggetto ritratto o da una persona in una foto o dal tono della voce di una persona, e così via. Più si svilupperà questo punto fondamentale e meglio sarà.
Il secondo punto invece indica che le proprio emozioni devono essere sfruttate per risolvere i problemi, ma anche per raggiungere i propri scopi. Per il terzo invece si vuole indicare una competenza particolare, che consiste nel saper capire anche quando uno stato d’animo si modifica e che cosa comporta questo, o capire anche la sua evoluzione nel corso di determinati periodi di tempo.
Gestire le emozioni invece significa saperle regolare e dosare, in modo da raggiungere ciò che si è prefissati di fare. Per Goleman invece l’intelligenza emotiva corrisponde anche alla leadership e anche il suo modello può essere utile per capire perché questo concetto andrebbe menzionato nel curriculum. Egli infatti sosteneva che l’intelligenza in questione si fonda su diversi pilastri:
- consapevolezza di sé
- autoregolazione
- abilità nell’ambito sociale
- motivazione
- empatia
Per quanto riguarda il primo punto, si tratta dei punti di forza che si possiedono, ovvero è importante imparare a riconoscerli, così come è fondamentale imparare a capire quali sono anche i propri punti deboli. Comprendere questa parte di sé ha un’elevata importanza e si ricorda che spesso anche al colloquio può essere chiesto di elencare sia i propri pregi, sia i punti dove invece si è meno abili.
Con l’autoregolazione invece si intende indicare la possibilità di saper gestire i propri punti di forza e quelli invece in cui si è meno bravi e sfruttare il tutto in proprio favore.
Con il terzo punto invece si deve pensare al fatto di gestire il rapporto con gli altri in modo da raggiungere un certo scopo, non solo personale, ma un obiettivo che può insegnare qualcosa a entrambi.
Anche la motivazione è importantissima, perché si tratta della capacità di modificare i pensieri negativi e trasformarli in positivi, in modo da dare una spinta non solo a se stessi, ma anche agli altri.
Con “empatia” invece si intende il fatto di saper capire gli altri e le loro emozioni. Come si è visto, entrambi i modelli di questi studiosi hanno elencato pilastri che oggi corrispondono a delle soft skills molto richieste nell’ambito del lavoro e infatti importantissime, tanto che non dovrebbero mancare nel proprio curriculum.
Lo stesso Goleman infatti sostiene che proprio con l’intelligenza emotiva si può arrivare al successo nel mondo del lavoro. A tal fine, è utile capire come sviluppare questa competenza, o meglio, questa serie di competenze.
Come sviluppare l’intelligenza emotiva per inserirla nel proprio curriculum
Come indicato, l’intelligenza emotiva consiste in un gruppo di competenze oggi molto ricercate nell’ambito del lavoro. Per questo, le abilità di cui si compone devono essere indicate nel curriculum e per farlo occorre prima sviluppare tali skills, se non si possiedono. Ci sono vari consigli a riguardo, che possono essere seguiti e tra questi si possono elencare i seguenti:
- chiedersi come si sono sviluppati certi stati d’animo, da dove nascono e perché
- accettare i propri stati d’animo come parte di sé
- bloccare alcuni pensieri non logici che possono nascere con determinate emozioni
- imparare a catalogare gli eventi come temporanei e determinati da motivi specifici
- ascoltare gli altri senza giudicare
- fare attenzione alla comunicazione non verbale
- sviluppare un pensiero propositivo
- non lasciarsi vincere da stati d’animo negativi, ma imparare a trasformarli in emozioni positive
Questi consigli possono essere utili per imparare a sviluppare le varie skills di cui l’intelligenza emotiva si compone. Per inserirla nel proprio curriculum però può essere utile capire anche come si deve fare.
Come inserirla nel proprio Curriculum Vitae
Per inserire l’intelligenza emotiva nel proprio curriculum è opportuno evitare frasi come questa “ho l’intelligenza emotiva”, anche perché non servirebbe per far capire al datore di lavoro che si possiedono tutte le skills di cui si compone. Tra l’altro, non è detto che il recruiter o chi legge il curriculum sappia di cosa si stia parlando, perché infatti potrebbe non aver mai sentito l’espressione e di conseguenza potrebbe anche scartare il curriculum.
Piuttosto, meglio elencare le varie capacità che si sono indicate precedentemente e puntare soprattutto a inserirle nel paragrafo delle soft skills, in modo da mostrare che si sanno gestire diverse situazioni stressanti o problematiche, controllando le proprie emozioni in modo idoneo e soprattutto senza lasciarsi prendere dal panico. Questo concetto, così come il problem solving, che corrisponde alla capacità di trovare soluzioni di fronte a ostacoli che tentano di bloccare i propri obiettivi, è considerato importantissimo dai datori di lavoro. Proprio per questo, inserire tutte le skills che fanno parte dell’intelligenza emotiva nel proprio curriculum, può essere davvero vantaggioso per la propria candidatura.
Scritto da
Giada Fiordaliso.